PUNTO DI PARTENZA: LE FONDERIE
Abbiamo sfogliato con cura i campionari e gli opuscoli-novità di tutte le nostre fonderie e delle principali.
La prima constatazione è penosa per le nostre fonderie, che son ferme ancora coi loro campionari ai caratteri e fregi floreali. Qui ci imputeranno, come al solito, la mania di guardare all’estero, la mania dei confronti con l’estero.
Ma noi lo affermiamo chiaramente, una volta per sempre, che guarderemo al nord, al sud, all’est ed all’ovest quando c’è qualche cosa che meriti di essere apprezzato, e faremo sempre confronti e considerazioni dirette, quando c’è da smuovere certi allori troppo facilmente conquistati e mantenuti.
Non renderanno certamente più miti i nostri giudizi le corone di medaglie e le scritte “premiate a tutte le esposizioni” che fregiano quasi tutte le copertine di questi campionari. Oggi che il floreale è riconosciuto da tutti come il maggiore sforzo impotente fatto dall’arte, perché insistere sulle glorie conquistate in quel periodo, e non tentare più niente di nuovo? Perché non distruggere tutte quelle forme impossibili di caratteri e fregi, ed aspettare che qualche gonzo comperi ancora quel ciarpame?
Da qualche nostra conversazione con i responsabili, son scaturite precisamente le scuse che noi aspettavamo: mancanza di richieste di materiale nuovo, spese colossali da affrontare e poi… artisti non capaci. Così si aspetta al bivio la produzione estera, non protetta dalle leggi che ne vietano la riproduzione.
Ci sembra giunta l’occasione di richiamare l’attenzione degli egregi critici, sempre pronti a rimproverare a destra e manca, il plagio dall’estero, la mancanza di gusto nazionale, ecc., su un tema molto più consistente e decisivo per il nostro gusto e che purtroppo si scopre guardando quello che si fa all’estero. Vogliamo dire le migliori serie di caratteri americane, tedesche, francesi studiate e derivate dai nostri alfabeti classici, mentre la maggior parte delle nostre fonderie sta con le mani in mano. Questo è il nostro vero patrimonio da difendere, e non perdersi a criticare lavori sperimentali, un biglietto da visita con una riga a squadra un filo giallo e nero (magiaro) con parolone catastrofiche per un pericolo inesistente.
Quanti lavori brutti invece sarebbero evitati da una riforma cosciente del materiale delle nostre fonderie, ed anche delle nostre tipografie. Curare i mali alla fonte è sempre più coraggioso e si evitano guai maggiori. Da un’analisi un po’ rigorosa si salva appena la nostra massima fonderia, e siamo anche certi che avrebbe fatto molto di più se avesse curato e anche ampliato il compito della commissione di consulenza tecnica.
Guardiamo pure all’estero senza timidezza, come procedono queste organizzazioni e gli artisti che le fonderie si tengono a disposizione e poi potremo spiegarci certi risultati. Difenderemo la nostra migliore tradizione, il nostro prestigio e i nostri interessi in un campo finora negletto.
Campo Grafico / Year I / N. 6 / June 1933
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STARTING POINT: FOUNDRIES
We carefully leafed through the sample books and brochures of all our foundries and the main ones.
The first observation is distressing for our foundries, which are still stuck with their swatch books of floral characters and friezes.
Here they will accuse us, as usual, of the mania of looking abroad, the mania of foreign comparisons. But we make it clear, once and for all, that we will look to the north, south, east and west when there is something worthy of appreciation, and we will always make comparisons and direct considerations, when there is a need to shake off certain laurels too easily won and maintained.
The crowns of medals and the words 'awarded at all exhibitions' that adorn almost all the covers of these sample books will certainly not soften our judgments. Today, when the floral is recognised by all as the greatest impotent effort made by art, why insist on the glories won in that period, and not attempt anything new? Why not destroy all those impossible forms of fonts and friezes, and wait for some gonzo to buy that junk again?
Our conversations with those in charge resulted in precisely the excuses we were waiting for: lack of demand for new material, colossal expenses to deal with, and then... incapable artists. So we are waiting at the crossroads for foreign production, which is not protected by the laws prohibiting its reproduction.
It seems to us that the occasion has come to call the attention of the eminent critics, always ready to reproach right and left, plagiarism from abroad, lack of national taste, etc., to a much more consistent and decisive issue for our taste and which unfortunately we discover by looking at what is done abroad. We mean the best American, German, French typeface series studied and derived from our classical alphabets, while most of our foundries sit on their hands. This is our real heritage to be defended, and not to get lost in criticising experimental works, a business card with a squared-off line a yellow and black (Magyar) thread with catastrophic words for a non-existent danger.
How many ugly jobs would be avoided by a conscious reform of the material in our foundries, and also in our printing works. Curing evils at source is always more courageous and greater trouble is avoided. From a somewhat strict analysis, our top foundry is barely saved, and we are also certain that it would have done much more if it had taken care of and even expanded the task of the technical advisory board.
Let us look abroad without shyness, how these organisations and the artists that the foundries keep at their disposal, and then we will be able to explain certain results. We will defend our best tradition, our prestige and our interests in a hitherto neglected field.
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