CONSIDERAZIONI SULL’IMPAGINAZIONE DELLA RIVISTA
Grande dibattito suscita fra tecnici e critici il problema dell’impaginazione della rivista. Problema interessantissimo e vitale, date la quantità di riviste che oggi si stampano e le mutate necessità di esse. Questo assillo ha avuto la più larga risonanza in quasi tutte le pubblicazioni e un po’ nefasti sono i risultati.
Secondo noi, la maggior parte di questi tentativi hanno un torto comune, quello di mancare di educazione al lettore, con disposizioni di rebus, pagine ad eccessivi contrasti di bianco e nero, smarginamenti di clichés non capiti ed altri squilibri. Si è svisato completamente l’equilibrio e l’estetica della pagina, dimenticando che la rivista si legge come il libro al tavolino, e non sul muro come il manifesto.
Fatte queste considerazioni di indole generale, ci si può addentrare più intimamente, e trovare accorgimenti e soluzioni a seconda della diversa materia che tratta la rivista e delle peculiarità che in essa vi cerca il lettore. Intendiamo parlare di tutte le riviste: sportive, teatrali, professionali e commerciali. Salta subito all’occhio la diversità di argomenti che trattano e le diverse concezioni che si devono adoperare per risolvere razionalmente la loro impaginazione. Esamineremo, in primo luogo la rivista sportiva, che in questo ultimo tempo ha raggiunto una diffusione notevolissima. Corredata sempre di copiosissimo materiale fotografico, il resto cade in una disposizione confusionaria, le didascalie smarginate con i più illogici sistemi sono richiamate alle fotografie con numeri, crocette ed altre trovate poco edificanti che richiedono la santa pazienza del lettore, obbligato a leggere col dito puntato sulla pagina.
Il punto più debole, di queste riviste, sono le classifiche delle gare, vere selve di punti, virgole, apostrofi, punto e virgola, senza spazi fra riga e riga, e per colmo composte sempre in carattere piccolo. Messi al nudo, questi difetti sono così evidenti che si condannano da sé. Una riforma totale s’impone a queste riviste, fortunate per il ricco ed espressivo materiale fotografico, che le salva un po’ dal cattivo gusto imperante. Chiunque può subire il fascino di una emozionante fotografia di arrivo ad un traguardo, unita immediatamente all’espressione chiara del cronometro attraverso ad una ben disposta e leggibile classifica.
Vantaggi e sensazioni immediate, proprio del nostro tempo, sono ottenute senza pregiudicare la spesa di lavorazione, e risolvendo il fattore estetico, di grande importanza per l’affermazione delle nostre battaglie sul buon gusto da formare nel pubblico. Invece, apriamo la rivista od il giornale sportivo, e vi troviamo la più completa confusione, sovrastata qua e là dalle solite metaforiche frasi a caratteri di scatola. Il materiale fotografico richiede molto più disciplina mentre è di tutti i giorni il rimpianto di vedere magnifiche fotografie costrette a formare impossibili, senza gusto, e non solamente nella rivista sportiva, ma in quelle di moda, teatrali e cinematografiche.
La rivista tecnica è solitamente considerata come un lavoro comune, secondo noi, invece, è quella che richiede più esperienza da parte del tipografo, perché per risolvere la questione estetica occorre lottare per l’assoluta necessità della chiarezza. In queste riviste necessita, per prima cosa, l’equilibrio dei bianchi e l’opportuna forza del carattere, fattori essenziali, che ne determinano la leggibilità. Il materiale da adoperarsi ha tutte le qualità di ribellarsi a queste concezioni. Formule algebriche sparse per la pagina, citazioni in corsivo, in maiuscoletto richiami di note, ecc. creano la confusione e molte volte l’impossibilità di ottenere forme esteticamente passabili.
Utilizzare i margini bianchi senza creare pagine pesanti, trovare l’equilibrio di un titolo in confronto di un sottotitolo, scegliere una interlineatura rispondente all’occhio del carattere, sono problemi apparentemente semplici, ma di ardua attuazione. Accorgimenti poco adottati in queste riviste, calcolando la loro praticità, sono le postille-sintesi poste ai margini della pagina. Ognuno può capire quanto facilitano la ricerca di quello che interessa, senza dover leggere pagine intere. Buon gusto e praticità sono i nostri principi fondamentali, per questo abbiamo voluto segnalare in questo articolo, i nostri criteri generali di riforma, che amplificheremo in norme tecniche nei prossimi articoli che stiamo preparando.
La ormai sentita necessità del nuovo è evidentemente un segno di rinascita e di affermazione, ma tante volte abbiamo dovuto constatare che essa, presa come tale, raggiunge vertici del grottesco e quel che più conta consegue effetti incompleti e disarmonici che rendono il pubblico diffidente e lo spingono verso la disapprovazione di tutti i nostri tentativi. Non dobbiamo fare del nuovo per il capriccio o per il gusto di cambiare volto e forma ad una composizione che ci sembra abbia acquistato un sapore di cosa porre nell’archivio, ma dobbiamo formarci quello spirito innovatore che sta nell’equilibrio e nel calcolo dosato dell’applicazione pratica.
Bisogna, in conclusione, rinnovarsi senza dimenticare mai le fonti sempre sicure della semplicità, bandire assolutamente gli eccentricismi e le mode del giorno. Ristabilire il regno dell’equilibrio e dare al pubblico lettore la fiducia di seguirci su ciò che siamo capaci di fare per offrirgli il libro e tutto ciò che si deve leggere, in una veste fresca esteticamente e soprattutto leggibile. Il pubblico, disorientato da questi continui tentativi d’impaginazione e di illeggibilità fatti da quasi tutte le riviste, molte volte non sa giudicare il tentativo in buona fede da quello in malafede e finisce per stancarsi e cadere nell’apatia. Condizione pericolosa e nociva, da combattere più che l’ostilità dichiarata. Esempi di questo disinteresse li possiamo trovare in numero impressionante (s’intende che impressionano soltanto noi), in tutte le forme di stampati privati ed ufficiali. Compito di “Campo Grafico” è di segnalare pregi, difetti e soluzioni affinché non si polarizzi questo stato di disinteresse e quasi di rassegnazione verso nuovi formalismi, più subdoli di quelli demoliti e che nascondono la loro impotenza sotto l’etichetta del nuovo.
Guido Bergossi
Campo Grafico / Year I / N. 3 / March 1933
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CONSIDERATIONS ABOUT THE JOURNAL'S LAYOUT
The problem of journal layouts arouses great debate among technicians and critics. A very interesting and vital problem, given the quantity of journals being printed today and the changing needs of them. This nagging has had the widest resonance in almost every publication and the results are somewhat nefarious. In our opinion, most of these attempts have a common wrong, that of lacking in reader education, with rebus layouts, pages with excessive black and white contrasts, misplaced clichés and other imbalances.
The balance and aesthetics of the page have been completely disregarded, forgetting that the journal is read like the coffee table book, and not on the wall like the poster. Having made these considerations of a general nature, one can delve more intimately, and find expedients and solutions depending on the different subject matter of the journal and the peculiarities the reader seeks in it. We intend to talk about all journals: sports, theatre, professional and commercial.
The diversity of the subjects they deal with and the different concepts that must be employed to rationally resolve their layouts immediately leaps to the eye. We will examine, first of all, the sports journal, which has achieved a remarkable circulation in recent times. Accompanied always by copious photographic material, the rest falls into a confusing arrangement, the captions misplaced with the most illogical systems are referred to the photographs with numbers, crosses and other unedifying gimmicks that require the holy patience of the reader, who is forced to read with his finger pointing at the page.
The weakest point, of these journals, are the race classifications, veritable thickets of dots, commas, apostrophes, semi-colons, with no spaces between lines, and to top it all, always composed in small font. Stripped bare, these defects are so obvious that they condemn themselves. A total reformation is imposed on these journals, fortunate for their rich and expressive photographic material, which saves them somewhat from the prevailing bad taste. Anyone can undergo the fascination of an exciting photo of a finish line, immediately combined with the clear expression of the chronometer through a well-arranged and readable classification.
Benefits and immediate sensations, typical of our time, are achieved without compromising the expense of processing, and solving the aesthetic factor, of great importance for the affirmation of our battles on good taste to be formed in the public. Instead, we open the journal or the sports newspaper, and find there the most complete confusion, overlaid here and there by the usual metaphorical boxed sentences. Photographic material requires much more discipline, while it is an everyday regret to see magnificent photographs forced into impossible, tasteless formations, and not only in the sports journal, but in fashion, theatre and film journals.
The technical journal is usually regarded as a common job, in our opinion, however, it is the one that requires the most experience on the part of the typographer, because in order to resolve the aesthetic issue, one must strive for the absolute necessity of clarity. In these journals, the balance of whites and the appropriate strength of the typeface are essential factors in determining readability. The material to be used has all the qualities to rebel against these conceptions. Algebraic formulas scattered around the page, quotes in italics, in small caps, footnotes, etc. create confusion and many times the impossibility of achieving aesthetically passable forms.
Using white margins without creating heavy pages, finding the balance of a title in comparison to a subtitle, choosing a spacing that matches the eye of the typeface, are apparently simple problems, but difficult to implement. Little-adopted devices in these journals, calculating their practicality, are the postille-summaries placed in the margins of the page. Everyone can see how they make it easier to find what they are interested in, without having to read entire pages. Good taste and practicality are our fundamental principles, which is why we wanted to point out in this article, our general criteria for reform, which we will amplify into technical standards in the next articles we are preparing.
The now felt need for the new is evidently a sign of rebirth and affirmation, but we have had to note many times that it, taken as such, reaches grotesque heights and what is more, achieves incomplete and disharmonious effects that make the public distrustful and drive them towards disapproval of all our attempts. We must not do the new on a whim or for the sake of changing the face and form of a composition that seems to us to have acquired a flavour of what to put in the archive, but we must form that innovative spirit that lies in the balance and measured calculation of practical application.
We must, in conclusion, renew ourselves without ever forgetting the ever-safe sources of simplicity, and absolutely banish eccentricities and the fashions of the day. Re-establish the realm of balance and give the reading public the confidence to follow us on what we are capable of doing to offer them the book and everything they need to read, in an aesthetically fresh and above all readable format. The public, disoriented by these constant attempts at pagination and illegibility made by almost all journals, often cannot judge the bona fide attempt from the bad faith one and ends up getting tired and falling into apathy.
This is a dangerous and harmful condition that must be combated more than declared hostility. Examples of this apathy can be found in impressive numbers (they only impress us), in all forms of private and official printed matter. The task of 'Campo Grafico' is to point out merits, defects and solutions so that this state of disinterest and almost resignation is not polarised towards new formalisms, more devious than those that have been demolished and that hide their impotence under the label of the new.
Guido Bergossi
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