DA CAMPO GRAFICO A LINEA GRAFICA - CARLO DRADI
NEL GENNAIO 1933 USCIVA A MILANO IL PRIMO NUMERO DELLA RIVISTA CAMPO GRAFICO, RIVISTA IDEATA, REDATTA, COMPOSTA E STAMPATA DA UN GRUPPO DI ALLIEVI ED EX ALLIEVI DELLA SCUOLA DEL LIBRO. DALLE RIUNIONI SETTIMANALI CHE SI TENEVANO IN UN LOCALE DI VIA ASOLE A MILANO, ERANO SCATURITE IDEE NUOVE E PROPOSITI NUOVI: SI VOLEVA RINNOVARE LA TIPOGRAFIA ITALIANA DISINCAGLIANDOLA DA QUEL FALSO NEOCLASSICO CUI SEMBRAVA RELEGATA IN NOME DI UN GLORIOSO PASSATO CHE NULLA PIÙ AVEVA DA DIRE ALLE NUOVE GENERAZIONI.
Razionalismo e funzionalismo era il binomio in cui si dibattevano tutte le arti applicate. «Perché – si diceva – l’uomo contemporaneo che vive in case nuove tra mobili razionali, tra stoviglie, vetri e ceramiche nuove, non deve avere una tipografia più nuova, più funzionale?» –. E fu proprio in quell’anno, il 1933, che il rinnovamento avvertito in tutti i campi dell’arte applicata si manifestò pienamente con la V Triennale di Milano che passava, per la prima volta, dalla Villa Reale di Monza al nuovissimo palazzo del Parco di Milano.
Redatta, progettata ed eseguita nelle ore serali e nei giorni festivi, presso ditte e officine che ponevano a disposizione locali e attrezzature, la rivista Campo Grafico fu un esempio di collaborazione piuttosto raro anche per quegli anni.
Ogni numero era rinnovato nella veste grafica, dalla copertina sino all’ultima inserzione pubblicitaria; ogni numero era un esperimento di impaginazione, una impaginazione fondata sul libero equilibrio, dove titoli, testo e margini, oltre ad avere una funzione estetica, obbedivano alla chiarezza e alla leggibilità. La campagna più importante, portata avanti con impegno e rigore, sorretta da un ideale superiore di collaborazione, fu la difesa dei princìpi che guidavano le arti moderne.
Fu una lotta appassionata perché si credeva in quei princìpi, perché si credeva che, attraverso la comprensione di quegli ideali che erano alla base di tutti i movimenti artistici, si poteva elevare il livello artistico e culturale dei grafici. Si presentarono così il cubismo, l’astrattismo e l’architettura razionale; si pubblicarono opere grafiche di Attanasio Soldati, di Luigi Veronesi, di G. Vordemberge.
Fu un successo di critica anche se non mancarono amarezze e incomprensioni. Quando fu pubblicato per la prima volta un disegno di Attanasio Soldati, un gruppo di abbonati protestò e indignato respinse l’abbonamento. Non è nostra intenzione fare qui la storia del movimento di Campo Grafico, ma vorremmo solo attraverso una semplice premessa citarne i presupposti, le linee programmatiche; presupposti e linee programmatiche che vedremo mantenute e continuate in Linea Grafica. Ma la vita di Campo Grafico non fu né semplice né facile. Era la vita di una rivista che si direbbe oggi “impegnata”. Alle normali difficoltà di ordine tecnico e finanziario, si aggiunsero quelle di ordine politico.
Era risaputo che la maggior parte dei componenti della rivista erano antifascisti. Il sindacato dei poligrafici ci teneva d’occhio, fummo tacciati e minacciati di scarsa collaborazione. Cominciarono le defezioni. Luigi Minardi che in quegli anni era direttore di Campo Grafico, dopo Attilio Rossi, si ribellò e pagò più tardi con il campo di concentramento il suo antifascismo.
Campo Grafico morì nel 1939, concludendo la sua vita con un prestigioso numero sulla tipografia futurista, diretto da Enrico Bona. Parlavo di questa nostra situazione – prima ancora che la rivista passasse alla direzione di Enrico Bona – con Guido Mazzali, una sera mentre si ritornava da una riunione di pubblicitari. Mazzali amava parlare e discutere camminando lentamente, più nelle ore notturne che nelle ore diurne, poiché non lo si vedeva in ufficio la mattina appresso prima delle ore 11. Così, camminando piano piano in quel bel silenzio in cui erano immerse le vie della Milano d’anteguerra, mi propose di passare, continuando la collaborazione, Campo Grafico a l’editrice “L’Ufficio Moderno”.
Seguirono riunioni, trattative, ma non se ne fece più nulla. Molti “campisti” non volevano più collaborare, preferivano che si vendesse la testata; ma il bilancio de “L’Ufficio Moderno” in quegli anni non lo permetteva e Mazzali ritirò la proposta. Guido Mazzali amava avere fra le sue testate una rivista di grafica; mi propose perciò di pensare a una rivista nuova, una rivista che avesse meno temi polemici e trattasse invece più specificatamente i problemi estetici, tecnici e funzionali dello stampato aziendale, commerciale e pubblicitario, insomma una rivista che si distinguesse per una sua nuova linea. Nacque così Linea Grafica. Si diffuse una prima circolare. Ma gli eventi bellici erano alle porte. Seguì l’arresto e il campo di concentramento per Mazzali e tutto fu rimandato.
Rividi Mazzali nell’autunno del 1944 negli uffici della casa editrice Ultra di Gino Pesavento e più tardi, a guerra finita, si riprese a parlare di Linea Grafica. Gino Pesavento diede i primi mezzi e Antonio Palieri, appena rientrato dalla prigionia, rimise in piedi con mezzi di fortuna, nella prima sede di via Valpetrosa, L’Ufficio Moderno. Nel marzo del ’46 uscì il primo numero di Linea Grafica, dedicato allo stampato aziendale per eccellenza: la carta da lettera. Accanto a un nutrito gruppo di esempi vi era la prosa elegante e compassata di Guido Mazzali. Seguirono poi i numeri dedicati al catalogo, al libro, alla legatura industriale eccetera.
Quando uscì il primo numero, Mazzali era già impegnato politicamente quale direttore dell’Avanti!. Gli portai la prima copia della rivista nel suo ufficio, al giornale, in via Senato; la sfogliò lentamente e poi chiamò i suoi principali collaboratori, fra cui Arturo Toffanelli di cui ero stato collaboratore al settimanale Tempo, la mostrò e compiaciuto ne illustrò il livello estetico e tecnico. L’editrice “L’Ufficio Moderno” aveva finalmente la sua rivista grafica.
Trovai collaboratori che mi aiutarono con entusiasmo, disinteressati come al tempo di Campo Grafico. Fra questi: i progettisti Mario Perondi e Antonio Crespi, i compositori Marzagalli, De Vecchi, Colombo, Zigagni, Cremascoli e l’impressore Ruggeri. Collaborarono alla ricerca del materiale storico: Dino Villani, Mario Marioni, Adriano Armetti, Bacchetto e Manetti.
Collaborarono con articoli: Piero Trevisani, Luigi Figini, Romano Minardi, Guglielmo Frigerio. Donarono inserti: Enrico Bona, Antonio Boggeri, Vito Arienti, Turati e Lombardi, G. Muggiani, Ubezzi e Donez, e molti altri. La “Stampa Strada” mise a disposizione la propria officina anche nelle ore serali e nei giorni festivi. Ciò si rendeva necessario perché quei primi numeri, ricchi di esempi, costavano molto in tempo e denaro.
Trovammo la carta del primo numero, una patina opaca allora introvabile, presso un privato – l’avv. Cigarini di Parma – che l’offrì a buon prezzo.
Il cartoncino di copertina dei primi due numeri, un ottimo cartoncino colorato patinato residuo d’anteguerra, ci fu offerto in cambio di pubblicità della cartiera Ottolini.
La strada era tracciata!
Carlo Dradi
LINEA GRAFICA n. 1, gennaio/febbraio 1972 – Anno XXVI
Direttore: Gustavo Montanaro
Redattore: Fabio Mataloni
Impaginatore: Massimo Dradi
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FROM CAMPO GRAFICO TO LINEA GRAFICA
IN JANUARY 1933 THE FIRST ISSUE OF CAMPO GRAFICO JOURNAL WAS PUBLISHED IN MILAN, A JOURNAL CONCEIVED, EDITED, COMPOSED AND PRINTED BY A GROUP OF STUDENTS AND FORMER STUDENTS OF THE SCUOLA DEL LIBRO. FROM THE WEEKLY MEETINGS HELD IN A ROOM ON VIA ASOLE IN MILAN, NEW IDEAS AND NEW PURPOSES HAD SPRUNG FORTH: THEY WANTED TO RENEW ITALIAN TYPOGRAPHY BY DISENGAGING IT FROM THAT FALSE NEOCLASSICISM TO WHICH IT SEEMED RELEGATED IN THE NAME OF A GLORIOUS PAST THAT HAD NOTHING MORE TO SAY TO THE NEW GENERATIONS.
Rationalism and functionalism was the binomial in which all the applied arts were struggling. "Why – it was said – should not contemporary man living in new houses among rational furniture, among new crockery, glassware and ceramics, have a newer, more functional typography?" –. And it was in that year, 1933, that the renewal felt in all fields of applied art was fully manifested with the V Milan Triennale, which moved, for the first time, from the Villa Reale in Monza to the brand new palace in Milan Park.
Drafted, designed and executed in the evening hours and on holidays, at firms and workshops that made available premises and equipment, the Campo Grafico journal was a rather rare example of collaboration even for those years.
Each issue was renewed in its graphic design, from the cover to the last advertisement; each issue was an experiment in layout, a layout based on free balance, where titles, text and margins, besides having an aesthetic function, obeyed clarity and readability. The most important campaign, carried out with commitment and rigor, supported by a higher ideal of collaboration, was the defense of the principles that guided the modern arts.
It was a passionate struggle because one believed in those principles, because one believed that through the understanding of those ideals that underlay all artistic movements, one could raise the artistic and cultural level of graphic artists. Thus cubism, abstractionism and rational architecture were presented; graphic works by Attanasio Soldati, Luigi Veronesi, G. Vordemberge were published.
It was a critical success even though there was no lack of bitterness and misunderstanding. When a drawing by Attanasio Soldati was first published, a group of subscribers protested and indignantly rejected the subscription. It is not our intention here to make the history of the Campo Grafico movement, but we would just like through a simple introduction to mention its assumptions, its programmatic lines; assumptions and programmatic lines that we will see maintained and continued in Linea Grafica. But the life of Campo Grafico was neither simple nor easy. It was the life of a journal that would be called "busy" today. To the normal technical and financial difficulties were added political ones.
It was common knowledge that most of the journal's members were anti-fascists. The polygraphers' union kept an eye on us; we were accused and threatened of poor cooperation. The defections began. Luigi Minardi who was editor of Campo Grafico in those years, after Attilio Rossi, rebelled and later paid for his anti-fascism with the concentration camp.
Campo Grafico died in 1939, ending its life with a prestigious issue on futurist typography, edited by Enrico Bona. I was talking about our situation-before the journal even passed to Enrico Bona's editorship-with Guido Mazzali one evening while returning from a meeting of publicists. Mazzali liked to talk and discuss while walking slowly, more in the night hours than in the day hours, since he was not to be seen in the office in the morning ahead before 11 a.m. So, walking slowly in that beautiful silence in which the streets of pre-war Milan were immersed, he proposed to me that we pass, continuing the collaboration, Campo Grafico to the publisher "L'Ufficio Moderno."
Meetings, negotiations followed, but nothing more came of it. Many "campisti" did not want to collaborate anymore, they preferred that the masthead be sold; but the budget of "L'Ufficio Moderno" in those years did not allow it, and Mazzali withdrew the proposal. Guido Mazzali liked to have a graphics journal among his titles; therefore, he proposed that I think of a new journal, one that would have fewer polemical themes and instead deal more specifically with the aesthetic, technical and functional problems of corporate, commercial and advertising printed matter; in short, a journal that would be distinguished by its own new line.
Thus, Linea Grafica was born. An initial circular was circulated. But war events were upon us. Arrest and concentration camp followed for Mazzali and everything was postponed.
I saw Mazzali again in the fall of 1944 in the offices of Gino Pesavento's Ultra publishing house, and later, when the war was over, we started talking about Linea Grafica again. Gino Pesavento gave the first means and Antonio Palieri, who had just returned from captivity, set up L'Ufficio Moderno again with makeshift means in the first office on Via Valpetrosa.
In March '46 the first issue of Linea Grafica came out, dedicated to the business print par excellence: stationery. Alongside a large group of examples was the elegant and compassionate prose of Guido Mazzali. Then followed issues devoted to the catalog, the book, industrial binding, and so on.
When the first issue came out, Mazzali was already politically engaged as the editor of Avanti! I brought him the first copy of the journal to his office, at the newspaper, in Via Senato; he leafed through it slowly and then called his main contributors, including Arturo Toffanelli whose collaborator I had been at the weekly Tempo, showed it to him and smugly illustrated its aesthetic and technical level. The publisher "L'Ufficio Moderno" finally had its own graphic journal.
I found collaborators who helped me enthusiastically, as selfless as at the time of Campo Grafico. Among them: designers Mario Perondi and Antonio Crespi, typesetters Marzagalli, De Vecchi, Colombo, Zigagni, Cremascoli and imprinter Ruggeri. Contributing to the research of historical material were: Dino Villani, Mario Marioni, Adriano Armetti, Bacchetto and Manetti.
Contributed articles: Piero Trevisani, Luigi Figini, Romano Minardi, Guglielmo Frigerio. They donated inserts: Enrico Bona, Antonio Boggeri, Vito Arienti, Turati and Lombardi, G. Muggiani, Ubezzi and Donez, and many others. The "Stampa Strada" also made its workshop available in the evening hours and on holidays. This was necessary because those first issues, full of examples, cost a lot in time and money.
We found the paper of the first issue, a matte patina then unobtainable, from a private individual - lawyer Cigarini of Parma - who offered it at a good price.
The cover paper of the first two issues, an excellent colored coated cardboard remnant of pre-war times, was offered to us in exchange for advertisements from the Ottolini paper mill.
The road was set!
Carlo Dradi
LINEA GRAFICA no. 1, January/February 1972 - Year XXVI
Director: Gustavo Montanaro
Editor: Fabio Mataloni
Layout Editor: Massimo Dradi
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